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Visualizzazione dei post con l'etichetta Frames from Sicily in the past

L'AMBULATORIO

Dopo pranzo, con le magliette e il muso ancora sporchi di salsa, ci si vedeva all’ambulatorio, il ritrovo delle simpatiche canaglie, il cui cortiletto era il nostro stadio da calcio. Una porta era stata disegnata nel muro; l’altra era l’inferriata che dall’altro lato si affacciava sulla strada dinanzi alla caserma dei Carabinieri. Spesso si trasformava in un lazzaretto, con musi sdentati, ginocchia sbucciate e “tumpuluni”. Fin quando Ciccio, incazzato, se ne andava via con il pallone, che era il suo, o quando arrivavano i più grandi esordendo prepotentemente con: “o iocu o sburdu u ioco!” “O gioco o rompo il gioco!” Una volta il pallone entrò dalla porta della caserma, aperta qualche attimo prima della pallonata dal maresciallo con l’espressione sempre incazzata, e quella fu l’ultima volta che lo vedemmo. Lo sostituimmo con un altro più “dannato” e dannifico Super Santos: un’altra pallonata frantumò per l’ennesima volta i vetri di una finestra del piccolo

SONO PASSATI TRENTACINQUE ANNI ...

Quando ero bambino non volevo fare il chierichetto. Per due semplici motivi: - Il primo. Avevo paura delle bare e delle urla dei familiari del de cuius (il rito funebre siculo imponeva la disperazione teatrale più estrema possibile), per cui mi nascondevo aggrappato e terrorizzato dietro la tunica dell’arciprete Savio che mi riportava, puntualmente, dinnanzi al feretro di forza unitamente all’acquasantiera. A siffatto terrore si univa, sempre da protocollo, l’incipit della marcia funebre accompagnato da un urlo squarciagola della serie: “Gioiaaa saluta u quarteri...” - Il secondo. Portare la ghirlanda era sempre più remunerativo che fare il chierichetto. A ogni modo, mia madre garantiva per quest’ultima opzione quando il prete telefonava. Andavo ovviamente in perdita di gelati o bibite. E poi, fu quello il momento in cui ho scoperto le qualità taumaturgiche del limone. Dinanzi al cimitero, dopo la cerimonia funebre in chiesa e la processione di rito (circa 2 km) sino all’ultimo salut

L'AMORE PER HEGEL

Il primo corso di lezioni che seguii all’Università di Messina fu quello del Professore Girolamo Cotroneo sulla Filosofia del Diritto di Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Come dire: partenza con il botto. Un giorno la lezione era stata abbastanza complessa tanto da scoraggiarmi. Rientrando a casa, che condividevo con mia sorella, per la via S. Agostino che incrociava la XXIV Maggio (quest’ultima era quella della pavimentazione che t’inzuppava i pantaloni se mettevi il piede nel posto sbagliato dopo un acquazzone), assorto nei miei pensieri e soprattutto nelle mie preoccupazioni per la difficoltà del corso di laurea, udii un fischiettio abbastanza familiare. Alzai gli occhi ed era il mio papà che era venuto a trovarmi insieme a mia madre per portarci le conserve dal paesello (più di cento km). Mi aveva osservato per un pezzo. Indossavo una giacca verdastra e un jeans. Portavo i libri sottobraccio. A lui mancavo molto. Si era ritrovato pure senza l’altro figlio in casa. Mi sorella era gi