Il 25 aprile. Giorno di festa o di discordia? Giorno di illusione!
La “liberazione” (in parte) dal nazi-fascismo che tipo di democrazia ha partorito? Una democrazia pulita? Una democrazia impura? Una democrazia destabilizzata dall’eversione nera, straziata dalle stragi e avvelenata dai depistaggi (record in Europa per le une e per gli altri)?
Una democrazia in cui l’azione di sistemi criminali integrati, l’ingiustizia della corruzione, la raccomandazione a favore del demerito, classi politiche dirigenziali legate all’establishment, alla nostalgia e alla logica coloniale, la corsa senza maschera alla poltronizzazione, nel tempo repubblicano, hanno ridotto in macerie la rappresentatività, il senso di civiltà e di appartenenza nazionale.
In questo quadro reale, la resistenza degli italiani, più che un valore, un dovere, una virtù, assume il significato di NECESSITÀ da sopravvivenza. Le nostre condizioni di vita, dall’occupazione nazi-fascista ai giorni nostri, sono migliorate come in tutti i paesi occidentali in cui l’opzione democratica è stata scelta, adattata e curata. Ma sul “curata” si aprono capitoli di diversificazione, attuazione e, perché no, arretramento, mascherato quest’ultimo da una qualità esistenziale illusa e ubriaca dalle logiche del consumo e dell’accelerazione tecnologica.
La nostra democrazia rasenta la tragedia con le verità negate e depistate in stile “Egitto di Regeni”, con le barzellette delle espressioni e delle dichiarazioni in chiave nostalgia di ministri e supreme cariche istituzionali (per tenere buona la micro-galassia di estremisti delusi dalla politica non di destra sociale e la genuflessione agli americani?), con l’informazione asservita (rare le eccezioni), con le truffe della mafia dell’Antimafia.
La sconfitta democratica, dopo quella del nazi-fascismo, è ancora più pesante se consideriamo le praterie di crescita nazionale aperte e sancite dalla Costituzione: il Paese è vecchio, moribondo, con generazioni in diaspora permanente e biglietti di sola andata. E nessun cambio di rotta all’orizzonte. Il nostro Presidente, Sergio Mattarella, è al secondo settennato. Io non scordo l’imbarazzante tentativo di accaparramento di voti in diretta nazionale dagli scranni della presidenza. Una fotografia umiliante e indimenticabile del senso più basso delle Istituzioni.
La soluzione al male? Prima bisogna conoscere la patologia. Una volta isolato il ceppo, essere fiduciosi, non nella scienza: nella coscienza. Di tutti. Il virus “italiota” non è facile da debellare e la demagogia non illude più.
Dio è morto. I suoi surrogati pure. Confidiamo nella risurrezione. E nella giustizia. Anche per Emanuela Orlandi. Il Vaticano ha più scheletri nell’anima che nelle tombe.
L’evasione fiscale, dal canto suo, non fa miracoli. Liberiamoci: da noi stessi.
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