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UN DEBITO DI VITA di Samantha Sindoni

 

 

Una storia vera. Un capitolo di filosofia, quello del “se si cade, si ha il diritto e il dovere di rialzarsi.” Samantha Sindoni è una collega di Filosofia e Storia molto apprezzata con la passione sconfinata per lo sport. Un raro connubio di prestazioni intellettive e corporee, di saggezza e amore per la vita, di musica cerebrale e performances fisiche. Al nostro blog racconta la sua vicissitudine esistenziale a distanza di 25 anni. La filosofia l’ha salvata.

La ringraziamo per la sua forte e intima testimonianza.

 

21 aprile 1996

 

Oggi sono contenta! Ho ripreso a studiare, seduta sul mio divano giallo, nel salone di casa con le pareti blu elettrico, un mega poster raffigurante la città di New York al tramonto (ho guardato infinite volte le innumerevoli luci delle finestre dei grattacieli, immaginando quanta vita potesse esserci dentro) e un altro con la scritta ‘Hasta la victoria siempre’.

 

Tutto lì il mio mondo negli ultimi dieci giorni. L’11 aprile ero in classe, compito di matematica, ma stavolta avevo studiato. Dai, sono alla fine (o all’inizio), 2 mesi ed è fatta! Quel pomeriggio non sono in formissima, strano, vado sempre a mille, ma sono giù. Non mi va neanche la pizza, mi fanno male le guance se provo a masticare. Boh. Mi sveglio l’indomani gonfia come una rana. Parotite!

Porca miseria mancherò da scuola un bel po', non me lo posso permettere. Chiedo al medico che viene a visitarmi: “qual è la cosa peggiore che può succedere?”

Mi risponde, ridacchiando: “la meningite. Ma in 30 anni di carriera non ho mai visto una cosa del genere!”

Mi tranquillizzo: se lo dice Domenico posso fidarmi. Ride pure!

Mi recita sempre una strana poesia quando mi vede. Ma adesso non la ricordo. Passano i giorni e la mattina del 21 il mio caro Dottore chiama mia madre. È preoccupato, c’è qualcosa che non lo fa stare sereno. E viene a trovarmi. Mi visita e chiede ai miei genitori di uscire dalla stanza. Vuole parlare con me. Solo con me.

Senza giri di parole mi dice: ‘hai la meningite. Adesso andiamo in ospedale.’

 

Crollo. Non vedo bene, non sento bene, non riesco a parlare. L’ambulanza va avanti e indietro per l’autostrada. A Messina non c’è posto. A Milazzo non c’è posto. Proviamo a Barcellona, reparto malattie infettive. Ok. Vedo solo le luci dei neon al soffitto che scorrono veloci e poi un medico mi abbraccia, mentre un altro infila un ago nella mia schiena. Mi tirano l’anima. Questo lo ricordo bene. Trascorro i successivi 7 mesi passando da un letto d’ospedale all’altro. Una piccola pausa nel mese di giugno: gli esami di Stato. Non sono in grado di farli, non mi reggo in piedi, la puntura lombare mi ha fatto perdere la sensibilità alle gambe e, soprattutto, non ragiono. Niente. Non ragiono.

Mi diplomo con 36/60. Sono scesa a compromessi, per la prima volta nella mia vita. ‘O ti promuoviamo con 36/60 o ti bocciamo e l’anno prossimo ti diplomi con il voto che meriti.’ L’anno prossimo? Io ho il dubbio che non arriverò sana e salva alla fine dell’estate. Ma sì, alla fine, almeno mi diplomo, faccio contenti i miei. E l’università? Il test di Medicina? Con 36/60 non posso accedere. E il conservatorio? L’esame per accedere al 3 anno e fare canto? Studio da anni per l’università e per il conservatorio. E adesso? Adesso la mia vita diventa silenziosa.

Come ne esco? Ok, non posso fare Medicina, ma come ne esco? Penso e ripenso, lentamente a causa della malattia, ma penso. Il mio orgoglio al Liceo era il 9 in Filosofia.

La Prof.ssa Midiri rigida e imperturbabile come poche. Un 9 con lei significava tanto sudore.

Vengo dimessa il 20 novembre. Papà mi chiede ‘e ora?’.

E ora andiamo a fare l’iscrizione alla Facoltà di Filosofia. Siamo in ritardo però, dobbiamo pagare la mora. Mi dispiace tanto, pagare l’università per papà è pesante, ma mi riprometto che lo ripagherò. Mi laureo 4 anni dopo. La Prof.ssa Midiri in prima fila dentro l’aula magna.

Vorrei andare dal Dott. Imbesi che mi aveva detto il giorno delle dimissioni: ‘non riuscirai più neanche a leggere l’oroscopo’. Stronzo. Ce l’ho fatta! 

 

 Immagine dalla rete

21 aprile 2021 

Dico scherzosamente al mio allenatore: ‘oggi compio 25 anni!’.

25 anni. Più che come un compleanno, lo vivo come un anniversario di matrimonio. Perché io da qual giorno la Filosofia non l’ho più lasciata, neanche quando, per motivi di lavoro, mi sarebbe ‘convenuto’ farlo.

Questi 25 anni sono stati il viaggio di una ragazzina poco più che diciottenne, con la chitarra sempre in mano, piena di vita, di valori e di aspettative: un ‘culu chi non trova seggia’, (riferito al calvario della mobilità Docenti) come la definisce papà.

Sono stati il viaggio di una ragazzina che si è dovuta ricostruire, con la consapevolezza che, se si cade, si ha il diritto e il dovere di rialzarsi.

Sono stati il viaggio di una ragazzina che continua, ogni giorno, amorevolmente, a pagare il suo debito di vita alla Filosofia.


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