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QUANDO L’INFORMAZIONE È SENZA COGLIONI di Luciano Armeli Iapichino

 

 


Da 17 anni una buona fetta di persone dabbene segue la surreale vicenda di Attilio Manca.

Non sono in tanti se questo parametro lo accostiamo a quello totale della popolazione italiana. Ma neanche pochi. In ogni caso è il frutto dello sforzo della famiglia Manca e del loro grido di dolore urlato compostamente da Barcellona Pozzo di Gotto.

Dopo 17 anni, scartata la pista del suicidio (offesa all’intelligenza) e, adesso, con le ultime novità da Viterbo e l’assoluzione di Monica Mileti, anche quella della droga, rimane quella - sempre pensata - masso-mafiosa: l’unica percorribile, indicata chiaramente da sei pentiti, da orrori giudiziari (non è un refuso), da cecità deontologica, da imbarazzo manifesto, da ridicolaggine acuta, da faccia come il culo da parte di qualcuno, da sorrisetti stampati in faccia lungo le vie sempre di Barcellona Pozzo di Gotto.

Eppure c’è qualcosa, in questa vicenda, che brucia di più.

L’informazione. La grande informazione. Il cosiddetto quarto potere.

La storia di Attilio Manca e le implicazioni a essa connessa - da brividi, da sconcerto, da notiziona da prima pagina continua, da Egitto, da regime putiniano, da CEKA, da OVRA, da GESTAPO, da OZNA (la polizia segreta di Tito), da tortura cilena, da voli della morte argentini, da scarnificazione deliberata, da pugni continui in faccia, calci nelle palle, urla e speranza di soccombere il prima possibile, da perdere i sensi con l’ultima immagine della madre - dopo il bluff processuale, non ha richiamato l’attenzione di nessuno dei giornalisti nazionali e dei TG delle reti, né delle tredici né in prima serata della nostra Repubblica democratica a sovranità popolare. 

L’informazione di questo Paese, azzzzz!!!

Attilio Manca non farebbe notizia. Nessuno ha sgomitato per lanciare per primo un servizio su RAI1 o TG5. Cosa dovrà fare notizia ancora? Un gruppo di onesti cittadini o di una madre pronti a darsi fuoco davanti alla sede di un giornale? 

I giornalisti. I GIORNALISTI. Auguri popolo. Auguri società italiana. Cercatevi le informazioni nelle periferie della rete. E troverete anche la disperazione di una famiglia e di tante altre travolte, prima che dalla malagiustizia, dall’indifferenza dei GIORNALISTI.

Quelli che hanno esperienza di mafia e antimafia.  

E ricordiamoci che in nessun atto giudiziario della Repubblica (degli aspetti pseudo chiariti sulla latitanza di ziu Binnu) c’è scritto chi abbia diagnosticato il tumore alla prostata a Bernardo Provenzano e chi lo abbia seguito nel suo decorso post ospedaliero. Che non è cosa da nulla!!!

Dimenticavo: ad Arcore c’è un cagnolino che si chiama Dudù, la crisi politica ha fatto dimenticare per qualche settimana centomila morti e milioni di disperati, la piattaforma Rousseau funziona a fasi alterne, il salotto della Gruber tira più dell’arena di Giletti e Orietta Berti canterà come new entry al Festival di Sanremo.

Attilio Manca, e non solo lui, è sepolto sotto una coltre avvelenata di disinformazione, mala-informazione e di superbia di GIORNALISTI senza coglioni.  

... e fin che la barca va, lasciamola andare.   


Riproduzione riservata

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Commenti

  1. Lucidissima disamina ricca di particolari e di considerazioni supportate da evidenze inconfutabili. Purtroppo l'incultura non più strisciante, ma palese relega in ultimo interesse problemi di carattere fondamentale per l'affrancamento dalla mafia e dal concedere ad una famiglia ferita al cuore dalla perdita di un figlio!

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