Passa ai contenuti principali

OGGI COMPIO CINQUANTADUE ANNI di “Attilio Manca”

 

 

Oggi, 20 febbraio 2021, è il giorno del mio cinquantaduesimo compleanno. Vi sembrerà strano, ma non sono cambiato molto rispetto alle foto che postate sui social in segno di affetto e di stima. Talora anche di rabbia. E sì, quella rabbia che in questi lunghi e interminabili diciassette anni ho cercato di mitigare anch’io che mi trovo dall’altra parte della linea. Quelle linee di calcite della lastra marmorea che accarezzo lentamente ogni qualvolta sento i miei dall’altro lato della cappella alla ricerca di un impercettibile ma caldo contatto con i polpastrelli delle dita.   

Ma oggi è un giorno di festa. Della mia festa. Non parlerò, quindi, dell’umana viltà. Né di certi sciacalli in colletto bianco a Viterbo e né dei vermi, quelli veri, che mi hanno sfigurato in quell’ultima notte di dolore e la dignità giù a Barcellona.

Oggi parlerò di altro.

Immaginatemi soltanto con i capelli sfumati di grigio (ma solo un po') e qualche ruga della maturità. A ogni modo con un bel sorriso e tanta ironia. E lo so, la vita è andata così. Impensabile ai tempi in cui, coi pensieri lontani da quel destino che mi avrebbe girato le spalle nonostante i sacrifici, vivevo intensamente quella quotidianità di cui era fortemente innamorato.

Vi racconto due aneddoti di casa Manca per ricordarvi di me anche in maniera esilarante e, soprattutto, per la gioia di mia madre, che adesso è la madre di tanti e la cosa mi rende felice.

Un giorno persi la testa per una ragazza bellissima, una sintesi di quell’incanto che mi avevano restituito i trovadori e i poeti nei libri di letteratura. Aveva un piccolo difetto: era una di quelle tipe che definirei un po' naif: girava per casa mezza nuda, apriva il frigo e beveva direttamente dalla bottiglia mangiucchiando qualunque cosa vi trovasse, anche davanti agli amici di famiglia senza scomporsi. Mia madre, ovviamente, sconcertata e visibilmente irritata  nella sua educata e tradizionale visione delle umane cose, iniziò a odiarla a tal punto da avviare con estremo impegno una politica di antagonismo. Spesso senza risultati. Era difficile contrastarmi. Bastavano due coccole, i miei occhi pieni d’amore dentro i suoi, e il gioco era fatto. Fin quando lei ebbe la felice idea di disseminare ovunque bigliettini con su scritto: “non si beve dalla bottiglia”, “non si cammina nuda per casa quando ci sono ospiti”, “è indice di ineducazione …” Il tutto per la gioia di mio fratello Luca che si piegava in due dalle risate. Tra l’altro, dall’alto dei suoi diciotto anni, si cimentava in una certosina opera di difesa nei miei confronti con il morbido imperativo: “devi lasciare stare certe cose, mamma!!” 

 


 

Una volta ricambiai io il favore a Luca allorquando in estate, per superare l’ostacolo del coatto coprifuoco del ritiro a mezzanotte, aveva preso l’abitudine di superare lo sbarramento di mia madre uscendo dalla finestra della sua stanza situata al primo piano della nostra residenza estiva, per raggiungere la movida che proprio a quell’ora iniziava a movimentarsi.

Per non far socchiudere la finestra dall’interno aveva escogitato il semplice trucco della pietra incastrata. Una notte di fine estate, a furia di un’improvvisa folata di vento, la finestra si chiuse e quando Luca si ritirò saltando come un acrobata sul tetto vide dall’esterno un’ombra: era lei, mia madre, che lo stava aspettando in modalità signorina Rottermeier. Aveva scoperto la bella vita di mio fratello. La punizione fu esemplare: un mese segregato in casa. Cercai di convincerla, di difenderlo, di farle aprire i suoi orizzonti... Lei dapprima non cedette. Dopo qualche giorno Luca tornò in discoteca.

Questi sono stati solo alcuni degli innumerevoli e comici fotogrammi della mia breve vita.

Ti ricordi mammina mia? 

Un bacio a papà, il nostro Pico della Mirandola dalla tempra vigorosa, e a Luca.

Volevo ringraziarvi dell’affetto che manifestate da anni e della vostra calorosa vicinanza alla mia famiglia. Insieme ce la faremo. Vi dedico una frase del mio pittore preferito, Egon Schiele:

“I corpi possiedono una luce propria che consumano per vivere …”.

                                                                … la mia continua a bruciare di amore eterno per tutti voi.



Oggi è il mio cinquantaduesimo compleanno e avrei chiesto a mia madre come regalo la sua eccezionale parmigiana ... 

Attilio 



Riproduzione riservata

Seguimi con gli RSS Feeds   




Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

UN ANGOLO DI PARADISO: LE TERRAZZE DI GIOVE di Luciano Armeli Iapichino

  Qualche anno fa ho conosciuto un ragazzo. Si chiama Luigi. È un giovane papà. Un papà siciliano che ha voluto credere in se stesso e nella sua terra. Ha fatto passi graduali e ha costruito un piccolo paradiso di relax. Si chiama Le terrazze di Giove , semplicemente un orizzonte, anzi due: quello mediterraneo con le Eolie e, nelle giornate giuste, anche lo Stromboli a far da padrone… e quello dell’anima in cui nebulizzare lo stress accumulato della settimana. Questo giovane papà è riuscito a creare una zona confort per quel prototipo di essere umano che cerca nel week end o nei tardi pomeriggi estivi la quiete fuori dal turbinio settimanale, assaporando gustosi, sfiziosi e originali piatti di pesce, accompagnati con un ampio ventaglio di vini. Non solo. Una sera, giunto sul posto che poi è Mongiove , ai piedi della Madonna del Tindari a Patti (Me), ho trovato, tra i tanti, un complesso particolare (ogni fine settimana ce n’è uno a tema con artisti di talento che attivano performance

Vanna Marchi Premier subito! di Luciano Armeli Iapichino

  Vanna Marchi - immagine dalla rete  In principio fu lei! Fu lei a capire che questa nazione aveva potenziali possibilità: il raggiro nazionale e il suicidio collettivo.   Fu lei a comprendere che la penisola è attraversata da un retroterra culturale talmente fertile di degrado e di vuoto da poter propinare le truffe più assurde. Ramoscelli, sale e maghi per togliere il malocchio a suon di milioni.  In principio fu proprio Vanna Marchi a “lanciare” indirettamente l’allarme in cui versava una buona parte della società italiota, sprovvista di antidoto contro gli asini volanti e le potenziali seduzioni di massa, alienata di normalità.  Una massa dal ragionamento “corto”, veloce, immediato, finalizzato alla costruzione del “ BALOCCHISMO ”, ovvero di una nazione immaginaria in cui fondere distrazione ad ampio raggio e legalizzazione dell’illegale, nebulizzazione della memoria collettiva e omicidio del comune senso del pudore con l’accettazione dell’improponibile;  accecamento dell’occhio

Ho incontrato un uomo: Giuseppe Antoci di Luciano Armeli Iapichino

                           Giuseppe ANTOCI  Che la prima emergenza di questa nazione resti quella culturale è, e continua a essere, evidente anche in questi giorni di delirio nazionale, in cui il linguaggio non corrisponde esattamente alla corretta interpretazione della realtà. E di questo non allineamento convenzionale si era accorto Aristotele non poco tempo fa. Mi sovviene la violenza di gruppo, l’abuso sistematico, la pratica dolorosa del protocollo inquisitore al de cuius, ovvero il termine “statista”.  Ma questo Paese resta pur sempre un grande Paese. Quello per cui bisogna, ogni tanto e a turno, sfoderare il senso civico e lottare per la difesa delle libertà, dei diritti, della dignità dei martiri che si sono immolati per il nostro “stato di diritto”, per la giustizia.  Sì, è vero.  La nostra democrazia è malata ed è immatura.  Ed è malata ed è immatura  perché la sovranità popolare è immatura , indifferente e irresponsabile nello scegliersi una classe dirigente che presenta sem